I retailer statunitense lo scorso anno sono stati attivi nell'espansione all'estero, mentre quelli europei hanno preferito espandersi in altri Paesi ma sempre nel loro continente. Secondo lo studio annuale sull'espansione retail internazionale condotto da CBRE Group, le compagnie hanno rallentato il ritmo nell'ingresso in nuovi mercati lo scorso anno passando al 2% rispetto al 3.1% del 2015. Per valutare l'espansione dei retailer, CBRE ha analizzato 166 città in 51 Paesi in merito a quanti retailer internazionali hanno effettuato il proprio ingresso nei loro mercati nel 2016. In merito al rallentamento registrato lo scorso anno, Anthony Buono, presidente di CBRE’s Global Retail Executive Committee, ha dichiarato: “In quanto l'ecommerca sta crescendo, i retailer sono diventati più meticolosi in merito a quanti negozi aprire e dove farlo.” Ha aggiunto che l'espansione globale favorisce “il commercio tra mercati, una massima esposizione del proprio brand a più popolazioni.” Inoltre lo studio ha riscontrato che tassi di cambio mutevoli possono essere stati un fattore che ha contribuito ad espandersi in mercati vicini invece che in Paesi con monete diverse diventate troppo costose. Inoltre il dollaro forte rispetto ad altre valute ha anche aiutato i retailer statunitensi a puntare su una espansione più internazionale. Secondo lo studio, il 43% dell'espansione globale dei retailer in nuove città lo scorso anno è avvenuta in Europa, rispetto al 36% del 2015. L'Asia ha registrato il 28% di espansione internazionale, il Medio Oriente e l'Africa il 12% e il Nord America l'11%. CBRE ha riscontrato che i coffee shops e i ristoranti sono state le categorie più 'hot' per l'espansione in nuovi mercati su basi globali, a seguire i negozi di abbigliamento.