Secondo una nuova ricerca, l’aumento dei prezzi sta spingendo sempre più consumatori a fare acquisti oltre confine per occasioni di fashion, con un desiderio per articoli scontati e unici che superano le preoccupazioni sulla sicurezza e fiducia nel brand. Da un sondaggio condotto su 2.000 consumatori negli Stati Uniti e nel Regno Unito dalla piattaforma di e-commerce Nosto è emerso che il 70% degli shoppers online transfrontalieri probabilmente acquisterà moda e accessori da retailer all'estero. Le maggiori attrazioni sono i prezzi più bassi e il desiderio di oggetti unici o insoliti. Nel complesso, il 53% degli intervistati ha affermato che la crescente inflazione in patria li ha resi più propensi a cercare acquisti a prezzi accessibili a livello internazionale. In modo allarmante, il 29% ha affermato che prenderebbe in considerazione l’acquisto di brand contraffatti all’estero se fossero più economici, una cifra che è balzata al 45% tra gli acquirenti della Gen Z di età compresa tra 16 e 24 anni. “Stiamo assistendo ad un crescente interesse da parte dei commercianti nella vendita di fashion oltre confine in quanto cercano opportunità di crescita”, ha affermato Matthäus Bognar, direttore generale di Nosto per EMEA e APAC. “Ma la mancanza di fiducia dei consumatori rimane un ostacolo.” La ricerca evidenzia tre aree su cui i retailer devono concentrarsi: fornire informazioni chiare su tasse, dazi e resi; offrire prove sociali localizzate come le recensioni dei clienti; e migliorare l'esperienza online con le valute locali e i relativi consigli sui prodotti. Mentre il 52% ha effettuato un acquisto transfrontaliero nell’ultimo anno, il 60% ha dichiarato di fidarsi meno dei retailer internazionali rispetto a quelli nazionali. Le preoccupazioni includevano difficoltà nella restituzione degli articoli, beni di scarsa qualità e prodotti contraffatti. Ironicamente, i prezzi sospettosamente bassi sono stati il deterrente più grande, suggerendo che una certa voglia di sconti è accompagnata da attenzione all qualità. I marketplace cinesi come Temu e AliExpress stanno guadagnando terreno, con il 54% che afferma che prenderebbe in considerazione questi player. Ma i fattori ESG incombono, con il 67% che rifiuta i retailer legati al lavoro forzato e il 49% preoccupato per le emissioni derivanti dalle spedizioni a lunga distanza.